Schermi accesi, dialoghi spenti? Cosa favorisce davvero la comunicazione nei primi anni di vita
“Parla poco, ma capisce tutto.”
“Non fa ancora frasi, ma sa usare benissimo il tablet.”
“Quando guarda i video, ripete parole… ma poi non le usa nella vita reale.”
Il linguaggio non è solo uno strumento per comunicare. È la base per pensare, socializzare, comprendere e regolare le emozioni.
Eppure, sempre più bambini arrivano alla scuola dell’infanzia o primaria con un lessico ridotto, difficoltà di espressione, scarso uso del dialogo.

Molti fattori contribuiscono a questo fenomeno.
Ma oggi sappiamo con sempre maggiore certezza che un’esposizione precoce e non mediata agli schermi può interferire con lo sviluppo linguistico, soprattutto nella fascia 0–6 anni.
Il linguaggio ha bisogno di relazione, non di esposizione
Contrariamente a quanto si pensa, non basta “ascoltare parole” per imparare a parlare.
Il bambino ha bisogno di:
- interazione,
- risposte personalizzate,
- sguardi e gesti che accompagnano le parole,
- ritmi adatti al suo sviluppo,
- esperienze concrete da nominare.
In altre parole, ha bisogno di un adulto presente, che parli con lui, non a lui, e che trasformi ogni occasione quotidiana in dialogo.
Gli schermi, anche se “educativi”, non possono offrire queste condizioni.
La comunicazione è unidirezionale, veloce, impersonale.
Il bambino riceve, ma non costruisce.
Quali sono i segnali d’allarme più comuni?
- Scarso uso del linguaggio spontaneo.
- Ripetizione di parole sentite, ma senza contestualizzazione.
- Preferenza per la comunicazione gestuale o mimica.
- Difficoltà nel raccontare esperienze.
- Scarsa iniziativa nel dialogo.
Questi segnali non indicano necessariamente un disturbo, ma possono essere campanelli d’allarme, soprattutto se accompagnati da un uso frequente e prolungato dei dispositivi.
Qual è l’effetto specifico della tecnologia?
- Riduce le occasioni di dialogo reale (anche solo ascoltando un adulto che parla con altri).
- Satura l’attenzione, impedendo al bambino di osservare e nominare ciò che ha intorno.
- Aumenta la passività comunicativa: il bambino si abitua a ricevere, non a costruire.
- Presenta modelli linguistici poco coerenti con la vita quotidiana.
Inoltre, quando l’adulto è distratto dallo schermo, si riduce drasticamente la qualità e la quantità dell’interazione linguistica.
Come possiamo sostenere il linguaggio in modo naturale?
1. Parlare con il bambino, non solo a lui
Anche se è piccolo, anche se non risponde ancora.
- “Hai visto quel cane?”
- “Ora ti metto le scarpe.”
- “Vuoi un altro pezzetto?”
Ogni parola condivisa è un mattone nel suo vocabolario.
2. Lasciare spazio al silenzio e all’attesa
Dare tempo al bambino di rispondere, anche con uno sguardo o un suono.
La conversazione non è una corsa.
3. Raccontare ciò che accade
Durante il gioco, a tavola, mentre si esce.
Nominare il mondo aiuta il bambino a costruirlo mentalmente.
4. Ridurre l’uso passivo degli schermi
Soprattutto sotto i 3 anni.
Se proprio si guarda qualcosa, farlo insieme, commentando, mimando, facendo domande.
5. Leggere ad alta voce
Anche da piccolissimi. I libri offrono:
- vocabolario ricco,
- struttura narrativa,
- tempo condiviso.
Una delle attività più potenti per lo sviluppo del linguaggio.
Le parole costruiscono il pensiero
Quando aiutiamo un bambino a parlare meglio, lo stiamo aiutando anche a pensare meglio, a sentire meglio, a relazionarsi meglio.
Ogni parola non detta per colpa di uno schermo è un’occasione di crescita che si perde.
Ma ogni parola detta insieme è un seme che porterà frutto, nel tempo e nella relazione.
Nel prossimo articolo parleremo proprio del potere delle storie condivise: perché leggere ai bambini è uno strumento insostituibile per educare la mente, il cuore e persino il comportamento.