Come accompagnare i preadolescenti nel rapporto con i social e le dinamiche online senza perderli né controllarli troppo
“Si fa mille selfie e li manda a tutti.”
“È sempre online, anche di notte.”
“Dice che tutti lo fanno, che altrimenti si sente escluso.”
Tra gli 11 e i 13 anni accade qualcosa di potente e delicato insieme.
Il corpo cambia, il pensiero si fa più complesso, la percezione di sé si trasforma.
Il preadolescente cerca il suo posto nel mondo. E oggi, una parte importante di quel mondo è online.

In questa fase, la tecnologia non è più solo un gioco o un passatempo. Diventa uno specchio, un palco, un campo di confronto, un contenitore di emozioni.
Per questo motivo, non possiamo limitarci a mettere regole. Serve dialogo, presenza e comprensione profonda.
Cosa accade in questa fase?
- Si sviluppa la consapevolezza del sé in relazione agli altri, con una forte sensibilità al giudizio.
- Aumenta il bisogno di autonomia e privacy, ma con una regolazione emotiva ancora fragile.
- Si attivano dinamiche di confronto continuo con i pari (online e offline).
- L’uso della tecnologia passa da passivo a espressivo e identitario: si condividono immagini, pensieri, preferenze, emozioni.
Il preadolescente usa lo schermo per dire chi è, o chi vorrebbe essere.
E lo fa spesso in ambienti digitali poco adatti alla sua età e sensibilità.
I rischi principali di un uso precoce e non accompagnato
- Sovraesposizione emotiva: pubblicare contenuti in modo impulsivo e poi pentirsene.
- Dipendenza dal giudizio altrui: like, commenti, visualizzazioni diventano misura del proprio valore.
- Ansia da esclusione (FOMO): paura di non essere aggiornati, presenti, coinvolti.
- Confronto tossico con modelli irraggiungibili (fisici, sociali, materiali).
- Contenuti inadeguati o non compresi emotivamente.
- Calo dell’autostima, soprattutto in chi non si sente all’altezza delle “vite perfette” mostrate dagli altri.
Il ruolo centrale dell’identità digitale
A questa età, la tecnologia diventa un mezzo con cui:
- si costruisce un’immagine sociale,
- si esplora chi si è o si vorrebbe essere,
- si cerca riconoscimento e appartenenza,
- si prova a “farsi vedere” in un mondo spesso percepito come incerto.
L’identità digitale non è finta, ma è spesso fragile e in costruzione.
Per questo ha bisogno di sostegno, di parole, di riflessione.
Come possiamo accompagnare i ragazzi in questa fase?
1. Non ridurre tutto a regole o divieti
Il bisogno di libertà cresce. E con esso, cresce il rischio di rottura se ci si limita a proibire.
Serve una relazione che permetta di parlare di ciò che accade online, senza giudizi.
2. Creare spazi di dialogo regolari
Anche se sembrano chiusi, i ragazzi ascoltano.
Le domande giuste possono aprire varchi:
- “Ti senti mai in ansia se non ricevi risposte online?”
- “Hai mai postato qualcosa e poi te ne sei pentito?”
- “Cosa pensi dei filtri che cambiano il viso? Ti sembrano realistici?”
3. Essere presenti, anche se non invadenti
Monitorare non significa spiare.
Significa restare disponibili, interessati, pronti a intervenire con tatto se qualcosa non va.
4. Offrire strumenti per riflettere
- Cos’è un’immagine autentica?
- Qual è il confine tra pubblico e privato?
- Che effetto fa ricevere o non ricevere like?
- Perché ci sentiamo diversi da quello che mostriamo?
5. Coltivare l’autostima offline
Sport, arte, amicizie reali, esperienze concrete: tutto ciò che rafforza il senso di sé nel mondo reale, aiuta a non dipendere da quello digitale.
Protezione e fiducia: un equilibrio possibile
Gli 11–13 anni sono un ponte tra infanzia e adolescenza.
Un ponte fragile, ma attraversabile, se l’adulto diventa compagno di viaggio e non solo controllore.
Ascoltare, raccontare, mettersi in gioco: sono queste le vere forme di protezione.
Nel prossimo articolo ci addentreremo nella fascia successiva: i 14–17 anni, dove le sfide diventano ancora più complesse, e la tecnologia può diventare veicolo di libertà, ma anche di rischio e solitudine.