Consumismo digitale: come la tecnologia educa al “compra ora” fin da piccoli

Dai giochi alle pubblicità nascoste, come aiutare i bambini a riconoscere e gestire la pressione all’acquisto

“Ha visto uno youtuber con quelle scarpe, ora le vuole anche lui.”
“Il gioco è gratis, ma chiede soldi ogni due minuti.”
“Appena finisce un video, parte la pubblicità di qualcosa.”

Se una volta la pubblicità era concentrata tra un cartone e l’altro, oggi è ovunque.
È dentro i videogiochi, nei video, nei social, perfino negli avatar.
È travestita da consiglio, nascosta in un unboxing, inserita come premio da sbloccare.

Credits: Freepik

E per i bambini, che non hanno ancora sviluppato un pensiero critico maturo, questa esposizione può alterare il rapporto con il desiderio, il valore delle cose e il senso di soddisfazione.

Il consumismo digitale: come funziona

Il messaggio è sempre lo stesso:
“Non sei completo se non hai questo.”
E cambia forma continuamente:

  • skin da acquistare nei videogiochi,
  • oggetti da collezionare o sbloccare,
  • “pass battaglia” e upgrade esclusivi,
  • influencer che mostrano “cosa comprare per essere cool”,
  • banner pubblicitari durante i video,
  • app che premiano con oggetti digitali solo dopo un acquisto.

Tutto questo crea una pressione costante a possedere di più, a “stare al passo”, a desiderare qualcosa che non serve, ma che sembra indispensabile.

Perché è un problema?

Perché nei bambini:

  • il desiderio è ancora fragile e facilmente influenzabile,
  • la distinzione tra pubblicità e contenuto non è sempre chiara,
  • la gratificazione immediata diventa una necessità,
  • il valore di un oggetto è legato a ciò che “fa avere” e non a ciò che è,
  • si crea l’abitudine a cercare benessere nell’acquisto e non nell’esperienza.

Nel tempo, questo può portare a:

  • dipendenza dal possesso,
  • frustrazione continua,
  • insoddisfazione anche dopo aver ottenuto l’oggetto,
  • difficoltà nel gestire l’attesa e la rinuncia.

Come possiamo proteggere i bambini dal consumismo digitale?

1. Svelare i meccanismi

Non dire “è solo pubblicità”.
Mostra come funziona: “Vedi, lui mostra questo prodotto perché viene pagato per farlo”, “Questo gioco ti fa venire voglia di comprare per andare avanti più in fretta”.
Spiegare non rovina la magia: educa alla libertà.

2. Coltivare il valore dell’attesa

Anziché dire subito “no”, prova con:

  • “Vediamo tra qualche giorno se lo vuoi ancora”,
  • “Se vuoi, puoi metterlo nella tua lista dei desideri”,
  • “Vuoi risparmiare per comprarlo da solo?”.
    L’attesa rafforza il desiderio autentico e lo distingue dal capriccio digitale.

3. Limitare l’esposizione a contenuti fortemente commerciali

Non serve vietare tutto, ma scegliere insieme canali e giochi meno invasivi, che non spingano continuamente all’acquisto.
Esistono giochi senza pubblicità, video educativi senza product placement, youtuber trasparenti e rispettosi.

4. Parlare del “valore”

Aiutare i bambini a capire che:

  • non tutto ha lo stesso costo,
  • alcune cose si possono prendere solo con impegno,
  • non tutto ciò che costa è migliore,
  • la soddisfazione dura di più se l’oggetto è stato davvero desiderato.

5. Dare spazio alla noia e alla creatività

L’invadenza del consumismo si alimenta quando il bambino non ha esperienze reali piene.
Tempo libero, natura, gioco non strutturato, manualità… sono antidoti potenti contro il desiderio indotto.

Crescere nel mondo, non nella vetrina

I bambini non sono consumatori da fidelizzare.
Sono persone in formazione, che imparano a desiderare osservando gli adulti.
E a desiderare bene, si impara.

Nel prossimo articolo parleremo proprio di questo: come trasmettere valori offline – come la gentilezza, la pazienza, l’empatia – in un mondo digitale che premia la velocità e l’efficienza, ma spesso dimentica la profondità.

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