Il tempo che scivola via: come la tecnologia cambia la percezione temporale nei bambini

Attesa, durata, fretta e noia: cosa accade quando l’esperienza del tempo viene filtrata da uno schermo

“Hai già finito?”
“È passato un minuto o un’ora?”
“Mi annoio… posso guardare qualcosa?”

Queste frasi raccontano bene quanto la percezione del tempo nei bambini stia cambiando, e quanto la tecnologia abbia un ruolo centrale in questo mutamento.
Non si tratta solo di quanto tempo trascorrono davanti a uno schermo. Si tratta di come quel tempo viene vissuto, percepito, interiorizzato.

Credist: Freepik

E questo può avere conseguenze importanti sulla capacità di attendere, sulla gestione della noia, sulla pazienza, sull’apprendimento e persino sulla memoria.

Tempo soggettivo e cervello in crescita

Il tempo, per un bambino, non è quello dell’orologio.
È un tempo vissuto, corporeo, relazionale, emotivo.

  • Il tempo lento del gioco inventato.
  • Il tempo sospeso dell’attesa.
  • Il tempo ripetitivo dei riti quotidiani.
  • Il tempo concentrato della lettura o della costruzione.

Tutte queste esperienze aiutano il bambino a costruire una mappa interiore del tempo, fondamentale per regolare il comportamento, sviluppare autonomia e imparare a distinguere passato, presente e futuro.

Quando lo schermo prende il controllo del tempo

I contenuti digitali – video, giochi, app – sono progettati per catturare e mantenere l’attenzione il più a lungo possibile, senza pause, senza segnali chiari di inizio e fine.
Spesso, i bambini:

  • non si accorgono del tempo che passa,
  • chiedono “ancora cinque minuti” anche dopo un’ora,
  • faticano a staccarsi, perché non sentono di aver concluso davvero nulla,
  • sviluppano una percezione distorta della durata reale.

Ecco perché, dopo l’uso prolungato di uno schermo, un bambino può risultare confuso, irritato o “spaesato nel tempo”.

Attesa, noia e lentezza: tre esperienze in via di estinzione

La tecnologia abitua a una gratificazione immediata. Tutto è lì, subito, senza attese:

  • clicco e ho la risposta,
  • salto la sigla,
  • salto l’introduzione,
  • passo al video successivo.

In questo modo, il cervello si disabitua all’attesa.
Ma attendere è una competenza: significa regolare l’impulso, tollerare la frustrazione, visualizzare il futuro.
E significa, soprattutto, imparare a godersi il processo, non solo il risultato.

La noia, invece, è sempre più vissuta come un’emergenza da colmare.
Eppure, la noia è uno spazio fertile: è proprio lì che nascono l’immaginazione, la creatività, il desiderio di esplorare.

Infine, la lentezza. Un tempo vissuto in modo non frenetico, in cui accadono le cose vere: ascoltare, annusare, toccare, osservare.
La lentezza, oggi, va protetta come un bene raro.

Cosa possiamo fare per restituire ai bambini una percezione sana del tempo?

  • Dare nomi al tempo: “Sono passati 10 minuti”, “Hai giocato mezz’ora”. Aiuta il bambino a collegare le sensazioni al tempo reale.
  • Inserire rituali e routine: la ripetizione dà sicurezza e costruisce riferimenti temporali interni.
  • Utilizzare timer visivi o clessidre per scandire l’inizio e la fine delle attività digitali.
  • Favorire attività lente: puzzle, costruzioni, disegno, cucina, lettura ad alta voce.
  • Proteggere il tempo dell’attesa: non colmare ogni vuoto, non intrattenere sempre.
  • Essere presenti nel tempo condiviso: perché la qualità del tempo si misura con la presenza, non con la durata.

Una nuova alfabetizzazione: il tempo interiore

Restituire ai bambini una percezione più equilibrata del tempo non è nostalgia del passato.
È un atto educativo necessario, perché solo chi sa abitare il tempo può scegliere, ricordare, pianificare, riflettere, crescere.

Nel prossimo articolo parleremo proprio di questo: come l’uso intensivo degli schermi condiziona lo sviluppo dell’autocontrollo nei bambini, e cosa possiamo fare per allenarlo ogni giorno, anche fuori dal digitale.

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